“Cambiasso è uno di quei
giocatori che ancora adesso significano moltissimo per me: ha fatto la storia
dell’Inter, divenendo perno fondamentale pure della mia squadra d’oro
stagione 2009/’10” confessava
pochi mesi fa mister Josè Mourinho, il carismatico e ingegnoso tecnico
portoghese tuttora capace di elettrizzare fascinosamente il nostalgico popolo
della Beneamata anche soltanto con una parola proferita a migliaia di
chilometri di distanza. Un perno fondamentale nonché un grandissimo affare,
l’argentino Esteban Matias Cambiasso, prelevato a costo zero nell’estate 2004
dal Real Madrid per cominciare con i nerazzurri un profondo romanzo durato un
decennio, nel quale il sapiente centrocampista di Buenos Aires in totale
collezionerà 430 partite (realizzando cinquantuno segnature) e vincerà cinque
scudetti, quattro coppe Italia, quattro Supercoppe italiane, una Champions
League ed un Mondiale per club. Per acclimatarsi all’imminente derby meneghino,
che vide proprio Cambiasso decisivo goleador in occasione del successo
conseguito nel dicembre 2007 dalla “Banda Mancini”, si potrebbe dire che ha
conquistato più trofei Esteban in appena due lustri all’ombra del Duomo che
tutto il Milan negli ultimi vent’anni. Oggi il fresco trentacinquenne “Cuchu”,
soprannome ereditato da un divertente personaggio televisivo sudamericano e
scortatolo per l’intera carriera, dopo la buona stagione conclusa lo scorso
maggio con indosso la divisa del Leicester – la prima disputata in Premier League
dal decoratissimo mediano di origini genovesi cresciuto nell’Argentinos Junior
– proverà ad incantare i suoi nuovi tifosi dell’Olympiacos con le medesime
qualità sopraffine quanto indispensabili che l’hanno a lungo fatto adorare
dalla gente interista, la quale lo ha ammirato eccelso interprete nel
proteggere adeguatamente la difesa, tenere saggiamente compatta e organizzata
la squadra, correre a perdifiato, calamitare e recuperare centinaia di palloni
in mezzo al campo, porgere preziosi assist agli attaccanti o inserirsi con
prontezza per scaricare direttamente a rete. In attesa di vestire in futuro gli
assai probabili panni da allenatore, professione che l’ex numero diciannove del
Biscione ha inconsapevolmente già iniziato a praticare da anni (pure sui tavoli
da pranzo di Appiano Gentile, utilizzando saliera e macinino del pepe come
pedine per spiegare schemi ai malcapitati colleghi di pasto) guidando e
trascinando i compagni dal centro del prato grazie alla sua sublime, e talvolta
maniacale, intelligenza tattica unita a un’innata predisposizione nell’assumersi
responsabilità di rilievo.
Doti che nello scorso campionato
sono spesso latitate nella formazione pilotata prima da Walter Mazzarri e poi
da Roberto Mancini, costretti invano a ricercare sul manto erboso un leader
alla Cambiasso che sapesse lucidamente sopportare qualsivoglia tipo di
pressione e al contempo sapesse capeggiare la squadra con senno, personalità,
ordine e determinazione sia nei momenti di quiete che negli attimi di tempesta.
Un giocatore di ammirevole serietà e incapace di nascondersi, in campo e fuori.
L’averlo salutato, apparentemente per ragioni anagrafiche, al termine del
torneo 2013/’14 – in contemporanea dei più comprensibili e giustificati
commiati agli altri tre fenomenali “mostri sacri” Walter Samuel, Javier Zanetti
e Diego Milito – è purtroppo risultato un errore, frutto di una decisione presa
dal presidente Erick Thohir con il chiaro obiettivo di abbassare il
monte-ingaggi: scelta che in realtà all’Inter è costata un centrocampista di
caratura mondiale, fra l’altro di quindici mesi più giovane rispetto al tanto
decantato Andrea Pirlo delle ultime stagioni juventine, in grado di garantire ancora
annualmente almeno una ventina di gare da titolare di ottimo livello (di sicuro,
particolarmente indicato per quelle maggiormente “calde”) oltre a poter offrire
il proprio fondamentale contributo di uomo-spogliatoio di solidissima
professionalità e sincero attaccamento alla maglia, capace di trainare e
parallelamente mostrarsi autorevole punto di riferimento non solo per i nuovi
arrivati. Per velocizzare la crescita di giovani e talentuosi colleghi di
reparto come Brozovic o Kondogbia, ad esempio, avere adesso un Cuchu al fianco sarebbe
basilare.
Altamente consigliabile dunque sarebbe
stato trattenere uno dei centrocampisti più completi mai apparsi sulla sponda
del Naviglio che fu prima di Luis Suarez e poi di Lothar Matthaeus, soprattutto
in considerazione del notevole vuoto in ambito di carisma, audacia ed
esperienza creatosi sul rettangolo verde immediatamente dopo l’addio di
Cambiasso e del suo fraterno amico capitan Zanetti, col quale, oltre ad aver
condiviso un viscerale senso d’appartenenza ai colori nerazzurri e una lunga
militanza con la Nazionale argentina – cinquantadue presenze e cinque gol per
il raziocinante “volante” di Buenos Aires con la casacca albiceleste – ha
sovente formato la coppia centrale di centrocampo nella stagione per il
Biscione più leggendaria di sempre. Quella chiusa con un inestimabile ed
invidiatissimo Triplete vanamente tentato di replicare nella scorsa annata
dalla Juventus (ai cui sostenitori, e in generale ai negazionisti di Calciopoli
per professione che imperterriti seguitano ancora oggi a blaterare il loro mistificatorio verbo attraverso pulpiti
televisivi compiacenti, una volta per tutte si suggerisce lettura delle
recentemente pubblicate motivazioni della Cassazione e del libro, raccontante
fatti e non certo opinioni, “Calciopoli – La vera storia” scritto dal pm
Giuseppe Narducci). Un Triplete spontaneamente festeggiato dal buon Esteban,
così come accaduto in occasione di molte delle vittorie maggiormente importanti
da lui ottenute con l’Inter, con addosso una maglietta nerazzurra “vintage” di
cotone pesante con il numero tre sulle spalle. Felipe Melo, pur se
indiscutibilmente utile, anche per questo non sarà mai la stessa cosa.
Esteban Matias Cambiasso
Nato a Buenos Aires (Argentina) il 18/08/1980
Centrocampista
All’Inter dal 2004 al 2014
Totale presenze-gol: 430-51
Vittorie: 5 scudetti (2005/’06, 2006/’07, 2007/’08,
2008/’09, 2009/’10), 4 coppe Italia (2004/’05, 2005/’06, 2009/’10, 2010/’11), 4 Supercoppe italiane (2005, 2006, 2008,
2010), 1 coppa Campioni (2009/’10), 1 Mondiale per Club (2010)