Alcune settimane ancora di attesa e poi sarà derby di Milano
numero 181 per ciò che riguarda le sfide di campionato (con un bilancio sinora
di 66 vittorie Inter, 54 pareggi e 60 vittorie Milan), collocato in una non
inedita giornata prenatalizia benché l’amministratore delegato ed “ex portaborse” rossonero Adriano
Galliani, al momento dell’estiva pubblicazione dei calendari, avesse
convenientemente tentato di rimuovere dalla memoria il match dello scorso 23 dicembre
2007 deciso da Esteban Cambiasso su strepitosa papera di uno sbertucciatissimo
Nelson Dida. Tensione dunque destinata inevitabilmente a salire per la gara, e
la rivalità, in assoluto maggiormente sentita dai tifosi, considerata tale in
particolar modo da quelli nati o cresciuti nel capoluogo lombardo: una
stracittadina antichissima (tutto ebbe inizio il 18 ottobre 1908, in palio la
Coppa di Chiasso) e da decenni giustamente ritenuta la più prestigiosa del
Continente, in quanto l’unica che confronta formazioni aventi entrambe
conquistato la Champions League. Un duello che vede opposta la prima squadra
italiana a essersi laureata campione d’Europa (Milan 1963) alla prima squadra italiana issatasi sul tetto del mondo
(Inter 1964). La nobile Beneamata disegnata nel 1908 dal pennello dell’artista
Giorgio Muggiani nel centralissimo ristorante “Orologio” contro il proletario Milan
fondato dai brumisti, in una fiaschetteria di via Berchet, nel lontano 1899. La
partita per antonomasia dell’avvocato Peppino Prisco, storico vicepresidente
nerazzurro sempre ironicamente bendisposto a pungere i “cugini” con battute di rara arguzia, che se
oggi fosse ancora in vita avrebbe probabilmente dipinto come quella tra la sola
società dello Stivale ad aver realizzato il leggendario Triplete, nonché unica
compagine nostrana onnipresente in Serie A, contro la società per la quale il
solo triplete raggiungibile, dopo le retrocessioni in Serie B datate 1980 e
1982, potrebbe eventualmente essere rappresentato dalla cifra di tornei disputati
in cadetteria. Un’ultracentenaria saga zeppa di personaggi mitici e incontri
formidabili, il più straordinario di questi giocatosi esattamente
sessantaquattro anni fa – era il 6 novembre 1949 – e firmato da tre gol dell’allora
attaccante del Biscione Amedeo Amadei, generoso e popolare gladiatore di
Frascati classe 1921, tuttora il più
giovane calciatore ad aver esordito e in seguito segnato nella massima serie a
girone unico.
Un’elettrizzante tripletta, quella del bomber prelevato dalla
Roma nell’estate 1948 dal presidente nerazzurro Carlo Masseroni per la complessiva
somma record di circa quarantacinque milioni (tra contanti e contropartite
tecniche), entrata di diritto nella leggenda delle disfide meneghine: tre marcature
capaci di capovolgere prodigiosamente l’andamento di un match che il gol di
Liedholm, uno dei simboli dell’allora formazione rossonera che nella stagione
successiva avrebbe vinto lo scudetto e posto così fine ad un clamoroso ma
spesso dimenticato digiuno di trofei lungo ben quarantaquattro anni, aveva prematuramente
fissato sul 4-1 per la squadra milanista già al diciannovesimo minuto. Le reti sul
finire del tempo di Amadei e Nyers, unite ad una strabiliante progressione di
gioco di tutta la Beneamata, diedero però il via a un’epica risalita culminata a
metà ripresa con la realizzazione del 6-5 definitivo del “Fornaretto” Amadei –
soprannominato in tal maniera in quanto figlio di proprietari di un forno a
Frascati, attività che il sor Amedeo tornò
a rioccupare al termine della sua importante carriera prima di calciatore e poi
di allenatore – abilissimo a ribadire in porta una palla respinta dal palo: “Mr.
Quarantacinque Milioni” regalò così al
popolo del Biscione la vittoria nel derby più palpitante di sempre e a quello del
Diavolo una fragorosa ed inimmaginabile rimonta subìta sulla falsariga delle
diverse che l’avrebbero atteso in futuro.
Una mitologica stracittadina, svoltasi come da racconto della “Gazzetta dello Sport” in uno “stadio gremito sul quale era presente la classica atmosfera del tardo autunno lombardo”, che avrebbe però raffigurato il picco della breve avventura all’ombra del Duomo di un centravanti dal notevole fiuto del gol come Amadei, veloce e potente attaccante nato, cresciuto ed esaltatosi nella fila del team giallorosso (il quale se ne dovette privare, dopo undici anni di onoratissimo servizio, unicamente per problemi economici): due stagioni meneghine condite da settanta presenze e quarantadue reti, ma anche da nessun trofeo sollevato al cielo e da complicate incomprensioni non soltanto di natura tattica con un grande compagno di reparto dell’epoca, Benito Lorenzi, che assieme all’acquisto dell’estroso funambolo svedese Lennart Skoglund fu la principale causa della cessione al Napoli del “Fornaretto” avvenuta nel 1950. Magnanimo paladino in grado, grazie ai propri guadagni, di far ricostruire il negozio dei genitori distrutto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ed eterno eroe di un incredibile derby ancora oggi ritratto fedele delle essenziali peculiarità che, in oltre un secolo di storia, hanno caratterizzato il glorioso club nerazzurro: lucidamente folle, fascinosamente inquieto, raffinatamente geniale, imprevedibilmente pazzo. Oppure misterioso, improvviso e inebriante come un tardo autunno lombardo.
Una mitologica stracittadina, svoltasi come da racconto della “Gazzetta dello Sport” in uno “stadio gremito sul quale era presente la classica atmosfera del tardo autunno lombardo”, che avrebbe però raffigurato il picco della breve avventura all’ombra del Duomo di un centravanti dal notevole fiuto del gol come Amadei, veloce e potente attaccante nato, cresciuto ed esaltatosi nella fila del team giallorosso (il quale se ne dovette privare, dopo undici anni di onoratissimo servizio, unicamente per problemi economici): due stagioni meneghine condite da settanta presenze e quarantadue reti, ma anche da nessun trofeo sollevato al cielo e da complicate incomprensioni non soltanto di natura tattica con un grande compagno di reparto dell’epoca, Benito Lorenzi, che assieme all’acquisto dell’estroso funambolo svedese Lennart Skoglund fu la principale causa della cessione al Napoli del “Fornaretto” avvenuta nel 1950. Magnanimo paladino in grado, grazie ai propri guadagni, di far ricostruire il negozio dei genitori distrutto durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ed eterno eroe di un incredibile derby ancora oggi ritratto fedele delle essenziali peculiarità che, in oltre un secolo di storia, hanno caratterizzato il glorioso club nerazzurro: lucidamente folle, fascinosamente inquieto, raffinatamente geniale, imprevedibilmente pazzo. Oppure misterioso, improvviso e inebriante come un tardo autunno lombardo.
Amedeo Amadei
Nato a Frascati (RM)
il 26/07/1921
Attaccante
All’Inter dal 1948 al
1950
Totale presenze-gol:
70-42
Vittorie: /